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  • Lunghezza: 24 chilometri
  • Dislivello in salita: 441 mt.
  • Tempo medio di percorrenza: Ore 5,30
  • Segnavia: dalla Futa n. 00, GEA e SO.F.T. Anello Principale, dall'Osteria Bruciata  n. 46
  • Bellissimi panorami. Tappa impegnativa
  • (Le foto panoramiche e la mappa sono relative al tratto Passo della Futa – Sant'Agata)

Passo della FutaDal Passo della Futa (912 mt)  si prende a sinistra, per circa 50 metri, la strada per Firenzuola e poi si imbocca a destra un sentiero che sale lungo la cresta  giungendo  alla prima cima del  Monte Gazzaro (1118 m), ove è una grande croce con un altarino in pietra, e poi alla seconda (1126 m). Dopo una ripida discesa e superato il casolare di Paracchia si giunge allo storico Passo dell'Osteria Bruciata (917 metri). Si continua sul sentiero 46 lungo il contrafforte del Monte Calvi scendendo verso il borgo medioevale di Sant'Agata e 341 m). Si giunge, infine, a un nuovo bivio, dove il sentiero numero 46 si divide: a sinistra si va in direzione di Sant'Agata (CAI 46b), percorso ufficiale della Via degli Dei. Dopo l’abitato di Montepoli si arriva all’affascinante paese di Sant'Agata, caratteristico borgo fuori dal tempo che merita una sosta, sia per rifocillarsi, sia per una visita alla Pieve, chiesa affascinante e molto antica, e ai suoi musei. Passata Sant'Agata, poi, si percorre un breve tratto di strada asfaltata fino a raggiungere il bivio per Gabbiano. Lì si prende una stradella, sterrata prima e asfaltata poi, che vi porta a San Piero a Sieve. La svolta a destra, invece, sentiero CAI 46c, variante consigliata per le mountain bike, porta a Galliano e poi all’arrivo di tappa a San Piero a Sieve.  Questo percorso dà la possibilità di passare dal Convento Bosco ai Frati, ove è possibile visitare il Complesso ecclesiastico che ospita svariate opere d’arte, fra cui un meraviglioso Cristo ligneo attribuito a Donatello. Dopo il convento, il percorso prosegue nel bosco praticamente fino all’arrivo a San Piero a Sieve.

Passo della Futa

È attraversato dalla strada regionale 65 della Futa  separa la vallata del Mugello  e del fiume Sieve dalla vallata del fiume Santerno. La via costruita nel 1759  è stata un asse commerciale fondamentale tra Bologna e Firenze fino all'apertura dell' Autosole nel 1960. Era una regia strada postale bolognese e nei pressi di Filigare segnava il confine tra il granducato di Toscana e i territori pontifici (con tanto di dogana fatta costruire dal granduca Pietro Leopoldo).  Il passo  era temuto  per la violenza dei venti cosicchè il granduca  decise nei punti più esposti  la costruzione di due lunghi e grossi muraglioni.    

IL CIMITERO MILITARE GERMANICO

Nelle immediate vicinanze del Passo della Futa troviamo il Cimitero Militare Germanico inaugurato nel 1969. E' collocato esattamente a metà  di quella lunga linea di difesa tedesca pensata  dal Maresciallo Kesselring e chiamata Linea Gotica. Fortificazione difensiva, terra bruciata che correva lungo tutta la dorsale appenninica, dopo la svolta tragica della guerra e lo sbarco alleato.

Il cimitero militare germanicoGli Appennini furono teatro di giornate terribili, bombardamenti aerei, feroci combattimenti, rappresaglie sulla popolazione civile e non mancarono le stragi; i vincitori della Seconda Guerra Mondiale concessero alla Germania la possibilità di edificare cimiteri nei paesi teatro di guerra solo negli anni ’50 e i numeri in questo caso sono impressionanti: in questo cimitero riposano più di 31.000 militari. 
Estremamente rigoroso nella sua funzione di memoria e monito, privo di qualunque retorica guerresca, il più grande cimitero tedesco in Italia ha anche un notevole pregio architettonico.

Progettato con una forma di spirale, pare avvitarsi verso il monumento alla memoria, sormontato dalla simbolica “scheggia”: l'ideatore l’architetto Dieter Oesterlen, la realizzazione si compì fra il 1962 e il 1967. 
Per il cimitero presso Firenzuola ci si avvalse della collaborazione dei paesaggisti Walter Rossow ed Ernst Kramer. Per il modo con cui è inserito nel paesaggio circostante, per l’utilizzo della pietra serena, che è tipica delle cave situate presso Firenzuola e che fu lavorata interamente da maestranze locali, il cimitero si pone come un esempio molto significativo di architettura del paesaggio

Il movimento avvolge prati e specchi d’acqua, dove sporgono le lastre tombali di granito, sulle quali sono incisi i nomi dei militari caduti, l’anno di nascita e di leva; spesso però al nome non si è potuto risalire e allora le lastre riportano la semplice dicitura ein unbekannter deutscher Soldat (un soldato tedesco ignoto). Schierate su prati verdissimi le lastre ricordano le ordinate file di un esercito; l'andamento a spirale sale verso il piazzale d’onore e l’edificio che nasconde la cripta con la fossa comune.

Il cimitero è gestito direttamente in Germania dal Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge, un ente parastatale che si occupa di rintracciare i caduti delle guerre tedesche e di curare tutti i cimiteri tedeschi, sia in Germania che all’estero: Info

Osteria Bruciata

Monte Gazzarro  (1125 mt)

Tra il Passo della Futa e Sant'Agata si percorre il tratto più faticoso della Via degli Dei. Ma la fatica sarà ampiamente ricompensata dal panorama mozzafiato che dalla cima del Monte Gazzarro ci  consente di ammirare la  valle del Santerno e la vallata del Mugello.  

L'Osteria Bruciata

In una carta del 1585 relativa ad una disputa giudiziaria su alcuni terreni si parla del passo dell’Osteria Bruciata e di una costruzione “ruinata” che si trovava al passo. E'  probabile che tali resti fossero dell’osteria che appunto vi si trovava.

La leggenda narra che l’osteria fosse gestita da persone di malaffare: l’oste e la sua famiglia usavano uccidere nel sonno i malcapitati viandanti che pernottavano all’osteria, si impadronivano dei loro beni e imbandivano le loro carni ai passanti successivi. Un frate proveniente da Bologna e diretto a Firenze  capì  la carne cucinata  era umana e denunciò l'oste alle guardie del vicariato di  Scarperia che  impiccarono tutti i componenti della famiglia, distrussero e bruciarono l’osteria affinché non fosse ricostruita.

 

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